Allo studio da parte del Governo le clausole di salvaguardia della manovra economica. E’ una parte del dispositivo che interviene se gli obiettivi, in questo caso il rapporto deficit/pil non venga rispettato. Quest’anno vi saranno però delle novità.
Clausole di salvaguardia nuove di zecca
Sarà nuovo di zecca il meccanismo di salvaguardia che in queste ore è allo studio degli esperti del Governo. A differenza degli anni passati, quando si passava ai tagli orizzontali sulla spesa o all’aumento programmato nel tempo delle aliquote Iva, il nuovo strumento non si volge a guardare al mancato raggiungimento di incassi fiscali o di risparmi, ma al mancato rispetto della crescita programmata.
Tria: “riduzione di spesa solo se non vi sarà crescita”
La teoria su cui sono basate le clausole di salvaguardia le ha spiegate il ministro Giovanni Tria al Sole 24 Ore. “Se la scommessa sulla crescita sarà persa o solo parzialmente vinta – ha illustrato Tria – i programmi conterranno una clausola che prevede la revisione della spesa in modo che l’obiettivo di deficit per i prossimi anni non sia superato rispetto al limite posto“. Rispetto al passato si tratta di una novità assoluta, infatti, tutto è concentrato sul Pil che è al denominatore sia nel rapporto debito/pil, sia nel Deficit/pil . Quindi è fondamentale per il raggiungimento dell’obiettivo di deficit al 2,4%. Nel caso in cui non vi fosse una crescita, questi due rapporti salgono. Qui interverrebbe la riduzione di spesa. I dettagli con cui questa riduzione debba avvenire, non sono stati ancora chiariti dal Governo, che sta vagliando parecchi scenari.
La storia delle clausole di salvaguardia
Nel recente passato erano state inserite in provvedimenti diversi dalla manovra finanziaria affinché si stabilizzassero i conti. Queste generalmente prevedevano sconti fiscali, aumenti di Iva e di accise. Nel 2002, durante il Governo Berlusconi, fu approntato dal ministro Tremonti il meccanismo del taglia deficit. Con questo furono bloccate a novembre tutte le spese non obbligatorie delle pubbliche amministrazioni, che quindi potevano solo pagare stipendi e pensioni. Un meccanismo analogo usato in precedenza limitava i budget stanziati. Alle clausole di salvaguardia fiscali si è ricorsi per la prima volta nel 2011. Scattarono, durante il Governo Berlusconi, in estate, per limitare la crescita dello spread Btp- Bund e gli effetti della crisi dei mercati finanziari. Si tagliarono le spese sociali per evitare l’aumento dell’Iva e delle accise.
Nel recente passato una storia di aumenti
Fù Monti che riuscì a tamponare gli aumenti, che nel luglio 2013 divennero realtà. Neanche Letta riuscì ad evitare l’aumento dell’Iva da 21 al 22%. Durante il Governo Renzi, le clausole vennero più volte accese e disinnescate (non attuate).