Nella nostra quotidianità siamo spesso esposti ad una serie di esperienze dolorose che possono essere alla base di condizioni di malessere psicologico di diversa entità, sfociando talvolta in vere e proprie psicopatologie. Alla base di tali disturbi non abbiamo solo situazioni traumatiche di grande intensità, come nel caso di abusi, di violenze, di lutti, etc, ma anche esperienze apparentemente meno gravose su cui, tuttavia, il soggetto costruisce le fondamenta della propria storia di vita.
Le ferite dell’anima
Il concetto di trauma psichico è stato oggetto di diverse definizioni, a volte in netto contrasto tra di loro. E’ possibile, tuttavia, associarsi alla sua etimologia in modo da spiegarne, in maniera più oggettiva, il significato. La parola trauma, infatti, deriva dal greco “τραῦμα” che significa “ferita”, mentre il termine psiche dal greco “ψυχή” (anima). Per tale motivo si parla di “ferita dell’anima”. Con tale termine si allude a qualcosa che interferisce in maniera consistente con il consueto modo di vivere e vedere il mondo del soggetto e che ha un impatto negativo su quest’ultimo.
Tipologie di trauma
Come abbiamo già accennato, non tutti i traumi sono della stessa entità ma è possibile distinguerne in particolare due macro categorie:
- I piccoli traumi (t): si tratta di esperienze le cui potenzialità traumatiche dipendono dal singolo soggetto, ovvero non rappresentano situazioni in cui è a rischio la vita dello stesso. Non tutti, infatti, di fronte a condizioni simili strutturano un malessere ma la presenza o meno dello stesso dipende da dinamiche esclusivamente soggettive. Per capirci meglio alludiamo a tutte le esperienze connesse a interazioni problematiche, di natura spesso conflittuale, con i propri familiari nell’età di sviluppo, o a continue umiliazioni subite nel corso della propria vita;
- I grandi traumi (T): tale categoria fa riferimento a tutti quegli eventi che, al contrario dei t, mettono in serio pericolo la vita o l’integrità fisica propria o delle persone care. Si tratta di esperienze più oggettive e che rimandano, ad esempio, a disastri naturali, abusi, gravi incidenti, lutti improvvisi, omicidi, ecc.
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Va, tuttavia, sottolineato come tali macro categorie, pur con evidenti differenze, non comportino sintomatologie altrettanto eterogenee ma rimandino allo stesso quadro sintomatologico. Le persone, di conseguenza, reagiscono a livello emotivo nel medesimo modo, indipendentemente dall’entità dell’evento traumatico. E’ altrettanto vero, però, che non tutti di fronte alle stesse condizioni sviluppano uno stato di malessere psicologico. Dallo stesso evento, infatti, alcuni svilupperanno un disturbo post traumatico da stress o altre eventuali psicopatologie, mentre altri riusciranno a superare il trauma senza particolari problemi. Le reazioni psicologiche di fronte agli eventi, quindi, non sono sempre le stesse, anche nel caso di traumi T.
Fattori protettivi e di vulnerabilità
I fattori che possono determinare, a seguito di specifici eventi, lo sviluppo o meno di determinate psicopatologie, come ad esempio il disturbo post traumatico da stress (PTDS), sono molteplici. Il DSM 5, ad esempio, evidenzia come potenziali fattori di rischio per lo sviluppo del PTDS tre macro categorie:
- Fattori pre-traumatici: tale categoria si suddivide in fattori temperamentali (problemi emotivi durante l’infanzia prima dei 6 anni, e precedenti disturbi mentali, come condizioni d’ansia, depressive, disturbo ossessivo compulsivo, etc); fattori ambientali (status socio economico basso, scarso livello di istruzione, esposizione a precedenti traumi, difficoltà in età di sviluppo come separazione, morte dei genitori o deprivazione economica, etc); fattori genetici e fisiologici (es. il genere femminile e una giovane età al momento dell’evento si configurerebbero come dei veri e propri fattori di rischio);
- Fattori peri-traumatici: fanno riferimento alla gravità del trauma (più grave è quest’ultimo e più facile è lo sviluppo di una condizione psicopatologica); alla percezione di una minaccia per la propria vita, al tipo di violenza subita (ad esempio nei bambini rappresentano fattori di rischio quei traumi perpetuati o subiti da un familiare). Infine, svolge un ruolo considerevole la presenza di dinamiche dissociative durante e dopo l’evento traumatico;
- Fattori post-traumatici: distinguiamo tra fattori temperamentali con cui si allude alle valutazioni cognitive negative, all’uso di strategie di coping inappropriate e allo sviluppo di un disturbo da stress acuto; e fattori ambientali come la successiva esposizione a ripetuti elementi che suscitano ricordi traumatizzanti, ulteriori eventi di vita negativi, perdite a livello economico o di altro tipo connesse al trauma.
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A questi elementi si aggiungerebbero ulteriori condizioni la cui presenza si configurerebbe come una vera e propria difesa di fronte al trauma. Tra questi abbiamo fattori individuali come la capacità di relazionarsi con gli altri, un alto livello di autostima, un’elevata intelligenza emotiva, il saper chiedere aiuto, l’uso di strategie di coping appropriate (modalità con cui affrontiamo le situazioni stressanti, che potranno essere efficaci o meno a seconda dell’esito a cui conducono), l’avere una buona resilienza (capacità con cui il singolo è in grado di autoripararsi dopo un danno subito, di rialzarsi e superare le difficoltà in maniera flessibile, energica e ingegnosa), l’ottimismo, lo humour, l’hardiness (forza d’animo), etc; e fattori sociali come le già citate condizioni economiche, il sostegno ricevuto da familiari e amici e la presenza di adeguati servizi di assistenza sociosanitaria).
Conseguenze di un evento traumatico
L’aver vissuto un evento traumatico comporta dei cambiamenti non solo a livello emotivo ma anche fisiologico. Diverse ricerche, infatti, evidenziano vere e proprie conseguenze a livello cerebrale, come la riduzione del volume dell’ippocampo e dell’amigdala. D’altronde, la connessione tra mente e corpo è stata ampiamente dimostrata e risulta chiaro come l’elaborazione o meno degli eventi traumatici possa avere un effetto sulla neurobiologia del nostro cervello. Ciò avviene perché, a seguito di un’esperienza traumatica, il nostro organismo avvia una serie di reazioni fisiologiche di stress, aventi come scopo l’adattamento all’evento vissuto. Nella maggioranza dei casi, quindi, tali processi terminano naturalmente con il ripristino della precedente condizione di benessere, non implicando, quindi, alcuna conseguenza negativa. Abbiamo, infatti, un innato meccanismo di elaborazione delle informazioni che si occupa anche di quelle traumatiche, ricollocandone in modo costruttivo e adattivo all’interno della nostra storia di vita. Non sempre, tuttavia, tale meccanismo riesce nel suo intento e può accadere che, anche a distanza di anni da quanto vissuto, il soggetto viva una consistente condizione di malessere che va ad inficiarne la quotidianità. A seguito di ciò possono emergere vere e proprie psicopatologie che vanno da disturbi ansiogeni e depressivi fino allo sviluppo del disturbo post traumatico da stress. Tra i sintomi più frequenti abbiamo:
- Pensieri intrusivi: sopraggiungono in maniera incontrollata ricordi e immagini dell’evento a cui fa seguito un momento di disagio;
- Problemi di sonno: si ha difficoltà a dormire, ci si sveglia spesso, sono frequenti gli incubi e i sogni connessi all’evento vissuto;
- Associazione con altri stimoli: specifici ambienti, persone o situazioni fanno immediatamente riemergere ricordi connessi all’evento, diventando anch’essi fonte di malessere e ansia;
- Difficoltà di concentrazione: viene meno la concentrazione anche in attività che prima erano fonte di piacere;
- Reazioni fisiche: sono frequenti i problemi di stomaco, il senso di nausea e la stanchezza;
- Disperazione: quanto di negativo vissuto va ad occupare completamente i nostri pensieri al punto da comportare una visione negativa del proprio futuro;
- Senso di colpa: si tende ad associare quanto accaduto a se stessi e a colpevolizzarsi per non essere riusciti a fare diversamente;
- Irritazione: si diventa facilmente irritabili e il nervosismo caratterizza la propria quotidianità, comportando conflitti interpersonali da cui possono emergere ulteriori problematiche;
- Il significato della vita: emergono frequentemente pensieri connessi alla vita, alla morte e alle cause dell’evento. Ciò comporta la consistente paura che l’evento possa ripresentarsi. Si vive, quindi, in un perenne stato d’allarme.
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Come intervenire
Da quanto detto appare chiaro come anche di fronte ad una vita priva di eventi significativamente negativi, specifiche esperienze possano determinare intense condizioni di disagio. Determinate circostanze, infatti, possono renderci più vulnerabili all’impatto di eventi traumatici. Siamo tutti, di conseguenza, potenzialmente soggetti al trauma, indipendentemente dall’essere stati più o meno in grado di superare precedenti difficoltà. Ognuno di noi, però, attraverso le proprie risorse e l’aiuto e il sostegno di specifici professionisti può superare tali evenienze, non solo tornando alla tanto agognata condizione di benessere ma riuscendo a trarre dagli eventi negativi degli spunti per una crescita personale. Va comunque sottolineato come nel caso in cui emergano gravi condizioni psicopatologiche sia necessario iniziare un percorso di psicoterapia che, avvalendosi di tecniche specifiche, permetta di superare l’evento traumatico e la condizione di malessere ad esso associata. Sebbene tutti gli approcci psicoterapeutici siano funzionali a tale scopo, risulta particolarmente indicato l’EMDR, approccio terapeutico che elimina la carica emotiva negativa associata ai ricordi disturbanti, riattivando il sistema innato di elaborazione. Nell’affrontare l’evento traumatico e i suoi effetti, infine, possono essere utili anche alcuni fattori, tra cui:
- Potersi confrontare con gli altri, esprimendo i propri pensieri e sentimenti;
- Essere sostenuti da una persona di fiducia;
- Mantenere le proprie routine quotidiane (es. tornare a lavoro nonostante le difficoltà emotive);
- Ricordarsi che le proprie reazioni ed emozioni per quanto siano dolorose rientrano nel citato percorso di elaborazione;
- Prendersi il giusto tempo per ricaricarsi.
Bibliografia
American Psychiatric Association (APA)., DSM 5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, quinta edizione, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2014.
Fernandez I., Maslovaric G., Miten V., Traumi psicologici, ferite dell’anima, il contributo della terapia con EMDR, Gorgonzola (MI), Liguori Editore, 2011.
Dottore Davide Ferlito
Email: ferlitodavide.ct@gmail.com
Cell. 3277805675
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