Blitz antimafia in Sicilia, ventuno persone arrestate nella provincia di Enna (I nomi)

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Dalle prime ore di questa mattina, in provincia di Enna ed in altre località italiane, i Carabinieri del Ros hanno eseguito 21 provvedimenti cautelari per associazione di stampo mafioso, omicidio, estorsione ed altro. Di seguito i dettagli dell’operazione

Blitz antimafia in Sicilia: 21 arresti a Enna

Questa mattina i Carabinieri del R.O.S. di Caltanissetta, in Enna e provincia, nonché in altre zone del territorio nazionale, con il supporto di militari del Comando Provinciale di Enna e dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Sicilia”, hanno dato esecuzione ad una ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. presso il locale Tribunale, su richiesta della Procura della Repubblica di Caltanissetta – Direzione Distrettuale Antimafia, a carico di 21 persone, sei delle quali già detenute per altri fatti.

Nel provvedimento, che colpisce gli appartenenti alla famiglia mafiosa di Pietraperzia al cui vertice sono i fratelli Giovanni e Vincenzo Monachino, agli indagati vengono contestati, a vario titolo, i reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, omicidio, estorsione, reati concernenti le armi, rapina, furto, ricettazione e turbativa d’asta.

 L’indagine, avviata alla fine del 2015, ha ricostruito la composizione, i ruoli e gli affari della famiglia di Pietraperzia compagine che all’interno di Cosa Nostra ha rivestito nel tempo un ruolo di sicuro rilievo. Emblematico al riguardo quanto sancito nella misura cautelare emessa dal G.I.P. del Tribunale di Reggio Calabria nel luglio del 2017 a carico Antoni e Rocco Santo Filippone (entrambi elementi di vertice della cosca Filippone, direttamente collegata alla ‘ndrina dei Piromalli) e Giuseppe Graviano in relazione alla strategia stragista di “Cosa Nostra” dei primi anni ’90 alla quale diede il proprio contributo anche la famiglia di Pietraperzia ed in special modo Giovanni Monachino. In particolare, attraverso i riscontri alle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, era possibile accertare che non solo le riunioni preparatorie delle stragi si tennero nel territorio di “competenza” di questa consorteria ma che proprio Monachino Giovanni venne incaricato di garantire la “sicurezza” degli illustri ospiti installando delle antenne per captare le conversazioni delle FF.PP. e, data la sua caratura criminale, si occupò personalmente delle “necessità” di Salvatore Riina.

Vicinanza anche alla famiglia Santapaola

   Il “rango” di famiglia egemone per la provincia emergeva in modo inequivocabile nel febbraio del 2016 quando a Catania si svolgeva una riunione alla quale presero parte i referenti di Cosa Nostra delle diverse province della Sicilia e per Enna, in rappresentanza dei fratelli MONACHINO all’epoca impossibilitati a parteciparvi, presenziavano Giuseppe Marotta e Gaetano Curatolo i quali in quell’occasione manifestarono apertamente la “vicinanza” del loro gruppo alla famiglia Santapaola. Alleanza che trovava piena conferma nell’attività d’indagine nel corso della quale erano documentati più incontri tra i vertici delle due formazioni finalizzati ad accordarsi riguardo al quatum dovuto da un imprenditore ennese impegnato nei lavori di posa di cavi di fibra ottica nella città etnea. Il prestigio criminale della famiglia mafiosa di Pietraperzia era tale che in un’occasione si è registrato nel territorio di detto centro un incontro cui presero parte gli elementi di vertice del clan Santapaola recatosi appositamente a Pietraperzia per incontrare i fratelli Monachini.

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  Il predominio dei pietrini nella provincia faceva riemergere storici attriti con la formazione di Barrafranca capeggiata da Giuseppe Saitta, uomo d’onore e figlio di quel Salvatore SAITTA ucciso negli anni ’90 nel corso di una faida che lo vedeva contrapporsi proprio alla famiglia di Pietraperzia. Tali contrasti che sfociavano il 16.07.2017 nell’omicidio di Filippo Giuseppe Marchì, soggetto legato al citato Saitta essendo stato autista e uomo di fiducia del padre. Grazie all’ampio monitoraggio e all’approfondita analisi di più dati era possibile ricostruire la fase di pianificazione dell’omicidio avvenuta all’interno dell’ovile di Vincenzo Di Calogero, individuare i soggetti che avevano compiuto il sopralluogo preliminare all’azione di fuoco (Gaetano Curatolo, Angelo DI Dio, Calogero Bonfirraro) e individuare i mandanti proprio nei fratelli Monachino.

Tratti distintivi del clan: violenza e spregiudicatezza

  La violenza e la spregiudicatezza sono i tratti caratteristici del clan che nell’arco dell’intera indagine attraverso un gruppo di soggetti “a disposizione” ( Filippo Di Calogero, Gianfilippo Di Natale, Simone Russo e Giuseppe Di Marca) diretti da DI CALOGERO Salvatore Giuseppe, luogotenente dei fratelli MONACHINO, poneva in essere numerose efferate azioni dirette da una parte a riaffermare la presenza sul territorio del clan e dall’altra a reperire il denaro necessario a finanziarsi.

Indicativa la rapina perpetrata ai danni dai fratelli Stuppia da parte di Filippo Di Calogero, di Gianfilippo Di Natale e di Simone Russo i quali per sottrarre ai due anziani poche centinaia di euro non esitavano ad aggredirli a colpi di bastone non causandone la morte solo per pura casualità.

Salvatore Giuseppe Di Calogero sempre su ordine dei Monachino si occupava di fare dare alle fiamme l’abitazione del suocero del Sindaco di Pietraperzia (azione di cui non sono emerse le motivazioni) e asportare con il metodo della cosiddetta “spaccata” la cassaforte del supermercato “Fortè” colpo che garantiva un bottino di 15.000 euro.

Tale è il peso nella provincia dei fratelli MONACHINO che due loro affiliati, residenti a Barrafranca, Giuseppe Trubia e Mirko Filippo Tomasello, non esitavano a tentare un’estorsione ai danni di una ditta edile impegnata nei lavori di ristrutturazione della chiesa di “San Benedetto” di quel comune prima lasciando una bottiglia con all’interno della benzina e qualche giorno dopo, per mandare un messaggio ancor più chiaro, due cartucce legate ad un lumino per defunti. L’estorsione non arrivava a compimento poiché l’imprenditore intimorito abbandonava il cantiere.

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Ecco di seguito i nomi dei 21 arrestati

Nei mesi di ottobre e novembre 2018 era documentata una vicenda oltremodo indicativa del radicamento della mentalità mafiosa sul territorio e dell’ “autorità” riconosciuta ai fratelli Monachino i quali venivano interessati da un soggetto loro vicino che, dopo avere subito un furto e sporto regolare denuncia, gli si rivolgeva chiedendo di scoprire l’autore e ottenere la restituzione della refurtiva. I due svolta una rapida “inchiesta” e individuato il responsabile in Di Natale Gianfilippo gli “chiedevano” di riconsegnare il denaro ed i gioielli sottratti, richiesta alla quale si rifiutava di aderire in “malo modo”. Archè i fratelli Monacino non potendo tollerare una simile offesa e con l’intento di dare una chiara dimostrazione del loro “potere” al quale nessuno poteva e doveva opporsi decretavano la sua uccisione dando perentorie disposizioni a che l’azione fosse portata a compimento in breve tempo. Solo l’arresto per reati concernenti gli stupefacenti quanto mai provvidenziale salvava la vita a Di Natale Gianfilippo.

L’ampio monitoraggio consentiva anche di seguire in diretta il tentativo da parte di un associato, tuttora operativo nel nord Italia, Cannata Felice, di rientrare in possesso di beni pignorati e posti all’asta attraverso un prestanome e con la complicità di dell’avvocato del foro di Enna Fascetto Sivillo Lucia.

Le ordinanze applicative della custodia cautelare in carcere hanno riguardato le posizioni processuali di:

  1.  Calogero Bonfirraro
  2. Felice Cannata
  3. Vincenzo Capizzi
  4. Gaetano Curatolo
  5. Filippo Giuseppe Di Calogero
  6. Salvatore Giuseppe Di Calogero
  7. Vincenzo Di Calogero
  8. Giuseppe Di Marca
  9. Gianfilippo Di Natale
  10.  Angelo Di Dio
  11. Antonino Di Dio
  12. Luca Marino
  13. Giuseppe Marotta
  14. Giovanni Monachino
  15. Vincenzo Monachino
  16. Simone Russo
  17. Antonio Tomaselli
  18. Mirko Filippo Tomasello
  19. Giuseppe Trubia .

Nei confronti di Mario Tirrito è stata applicata la custodia agli arresti domiciliari per il delitto di assistenza agli associati mafiosi di cui all’art 418 c.p..

Nei confronti di Fascetto Sivillo Lucia la misura interdittiva della sospensione dall’esercizio della professione forense.

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