Il fenomeno del bullismo: un gioco troppo pericoloso

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Oggi assistiamo sempre con maggiore frequenza ad episodi di prevaricazione tra studenti di ogni ordine e grado. Si tratta di un fenomeno molto diffuso che presenta un picco intorno agli otto anni, con una successiva riduzione quantitativa nel passaggio dalla scuola primaria a quella secondaria. Va sottolineato, tuttavia, come con l’avanzare dell’età aumenti la gravità degli episodi e il numero di contesti in cui essi avvengono, a causa della maggiore autonomia di movimento che gli adolescenti hanno rispetto ai più piccoli.

Che cos’è il Bullismo?

Il termine bullismo deriva dall’inglese bullying, utilizzato per la prima volta dallo psicologo svedese Olweus per indicare una serie di azioni offensive, reiterate nel tempo, portate avanti da uno o più studenti verso un compagno. Viene sottolineato, quindi, come tali condotte debbano essere intenzionali e persistenti, e mirare in maniera deliberata a far del male o a danneggiare qualcun altro.
Il bullismo viene espletato attraverso due principali modalità:

  • Diretta: si fa riferimento a prepotenze fisiche e/o verbali espresse in presenza della vittima (es. prendere a pugni, rompere o rubare oggetti, insultare e deridere);
  • Indiretta o psicologica: rimanda a prevaricazioni messe in atto attraverso pettegolezzi e dicerie, che mirano, quindi, all’esclusione e all’isolamento della vittima dal gruppo dei pari (es. ciberbullying).

La scuola rappresenta il contesto in cui tali fenomeni si manifestano con maggiore frequenza, in particolar modo nelle fasi della ricreazione e dell’uscita dall’Istituto Scolastico. Tale condizione può portare la vittima, a rifiutare di andare a scuola, aumentando il rischio di abbandono scolastico con conseguenti ricadute sul futuro della stessa. Per poter parlare di bullismo, tuttavia, è anche necessario la presenza di un’asimmetria relazionale, che da un lato porta il bullo ad una forma di abuso di potere, esercitata attraverso l’intimidazione e il dominio sulla vittima, e dall’altro prevede l’impossibilità per quest’ultima di qualunque azione di difesa.

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bullismo cos'è

Chi sono i protagonisti del bullismo

Il fenomeno del bullismo non riguarda esclusivamente vittima e bullo ma coinvolge tutti gli appartenenti al gruppo dei pari. Sono, infatti, presenti anche gli osservatori, ovvero coloro che non intervengono in alcun modo, e i sostenitori che, invece, aiutano il bullo nelle sue prevaricazioni. Sebbene non si possano definire caratteristiche standard, valide per tutti, vi sarebbero alcuni elementi ricorrenti associabili alle vittime e ai bulli:

  • Le vittime sono soggetti sensibili e calmi, tendenzialmente insicuri e ansiosi e con una bassa autostima. Si tratta di soggetti isolati e solitari, con una scarsa capacità di autoaffermazione all’interno del gruppo. L’aspetto fisico inoltre, può giocare un ruolo rilevante nella designazione della vittima (es. obesità). In alcuni casi, infatti, si tratta di soggetti deboli fisicamente. Tali caratteristiche si assocerebbero, tuttavia, alle vittime passive o sottomesse ovvero quelle che subiscono passivamente le prevaricazioni, manifestando insicurezza e incapacità di reagire. Vi sarebbe, tuttavia, una seconda tipologia di vittima, quella prevaricatrice, che presenta reazioni sia ansiogene che aggressive. Si tratta, infatti, di soggetti iperattivi, inquieti e offensivi che controbattono al bullo, con atteggiamenti provocatori.
  • I bulli sono, invece, soggetti aggressivi sia con i pari che con gli adulti (genitori e insegnanti), il cui bisogno principale sarebbe quello di dominare gli altri. Altre caratteristiche ricorrenti sono l’impulsività, la bassa tolleranza alla frustrazione e al rispetto delle regole e la tendenza all’uso della forza fisica. Infine, a differenza delle vittime, tendono avere una maggiore sicurezza e una buona autostima.

Le conseguenze del bullismo

Il bullismo è una malattia sociale che comporta nel tempo gravi conseguenze a carico sia delle vittime che dei bulli. Lo sviluppo psicologico e sociale dei soggetti coinvolti, infatti, è potenzialmente a rischio a causa delle condizioni vissute, al punto da influenzare l’adulto del domani. Per le vittime, infatti, il malessere si manifesterà attraverso condizioni di disagio che possono sfociare in veri e propri disturbi, come quelli psicosomatici (es. mal di pancia), d’ansia e depressivi.
Le prevaricazioni subite, inoltre, influenzano anche la sfera relazionale, portando il soggetto all’isolamento e all’emarginazione rispetto al gruppo dei pari e, in alcuni casi, all’abbandono scolastico.

Viene inficiata, inoltre, la capacità di concentrazione e di apprendimento, determinandosi, in tal senso, un considerevole calo del rendimento scolastico. La bassa autostima e lo scarso senso di autoefficacia, infine, rischiano di consolidarsi, arrivando a caratterizzare anche la vita adulta del soggetto. Anche nei bulli si manifesta un calo del rendimento scolastico e una maggiore frequenza di difficoltà relazionali determinate dall’emergere di disturbi della condotta che, a lungo andare, possono sfociare in veri e propri comportamenti antisociali. Va sottolineato, inoltre, come tutto il gruppo dei pari sperimenti una condizione di malessere, in quanto il clima si fa pesante e aumenta la paura e l’ansia sociale. Tale condizione può portare il gruppo a negare o minimizzare il problema, inficiandone lo sviluppo dell’empatia.

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Potenziali Cause

Non possiamo definire delle cause specifiche alla base del bullismo ma è possibile individuare una serie di fattori che possono svolgere un ruolo rilevante. Tra questi abbiamo:

  • Le dinamiche psicologiche: si è visto, infatti, come tanto i bulli quanto le vittime presentino specifiche problematiche nell’interpretazione e nella ricostruzione mentale e narrativa delle interazioni sociali. In particolare i primi hanno difficoltà nel riconoscere e identificare le emozioni altrui e nell’interpretarne i segnali sociali, mentre i secondi non riescono a riconoscere le componenti (verbali e non) connesse alla rabbia, giungendo anche ad associare a se stessi la colpa delle prevaricazioni subite.
  • La famiglia: il sistema familiare, infatti, svolge un ruolo di estrema rilevanza. La trascuratezza emotiva ne è un esempio, in quanto genitori poco coinvolti emotivamente, creano un clima privo di calore e sostegno che soprattutto in tenera età ma non solo, rappresenta un elemento determinante per il successivo sviluppo. Va sottolineato, tuttavia, come anche l’eccesso di cure non sia funzionale. Genitori iperprotettivi, infatti, possono facilitare lo sviluppo di una scarsa autostima e di una considerevole insicurezza verso i rapporti extrafamiliari che può influenzare il processo di designazione della vittima. Un altro fattore importante è la modalità con cui i genitori gestiscono i comportamenti del figlio. Quando quest’ultimi, infatti, rispondono in modo eccessivamente permissivo e tollerante o, al contrario, troppo autoritario, vi è il rischio che il fenomeno si consolidi. Minimizzare il problema, infatti, non permette di affrontarlo, mentre usare solamente punizioni fisiche fa sì che il bambino apprenda quest’ultime come strumento per imporsi con i coetanei e fare rispettare le proprie regole.
    Quest’ultima condizione può presentarsi anche laddove i bambini assistano ad episodi di violenza intrafamiliare. Va sottolineato, infine, come né il grado di istruzione dei genitori, né il livello socio-economico siano direttamente correlati con i comportamenti aggressivi dei figli. Sembrerebbe non esserci, quindi, un legame diretto tra degrado socio-culturale e violenza.
  • Il gruppo dei pari: all’interno dello stesso vi è, infatti, una consistente tendenza all’omologazione, che favorisce il processo di deumanizzazione della vittima. Tale condizione consente ai componenti del gruppo di superare l’inibizione della violenza verso i propri simili. Ciò avviene mediante un processo cognitivo ed emotivo che permette di separare l’altro da sé, inserendolo nella categoria degli “altri”, bloccando il naturale coinvolgimento empatico verso quest’ultimo. L’altro viene visto, a tutti gli effetti, come un nemico da fronteggiare e viene spogliato di tutte le sue componenti umane. Viene meno, inoltre, il senso di responsabilità individuale. La presenza di ragazzi aggressivi, quindi, influenza anche coloro che, di norma, non metterebbero in atto tali atteggiamenti.
  • La scuola: essa rappresenta un contesto con proprie regole e orari in cui si viene a stretto contatto con i propri pari, venendo valutati, di conseguenza, non solo dagli insegnanti ma anche da quest’ultimi. Spesso, inoltre, i docenti favoriscono un modello educativo incentrato sulla competitività piuttosto che sulla solidarietà, e tendono a sminuire le prepotenze come atteggiamenti dovuti all’età. Tali dinamiche possono, quindi, favorire l’emergere del fenomeno.
  • I mass media e i videogiochi: sebbene non si sia rilevato un legame diretto tra la visione della violenza e la messa in atto di comportamenti aggressivi, anch’essi potrebbero rappresentare un contesto di apprendimento di tali condotte.

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bullismo a scuola

Prevenire è meglio che curare

L’intervento sul bullismo richiede il coinvolgimento di tutte le parti in causa. Sarà importante, infatti, agire preventivamente attraverso un percorso psicoeducativo rivolto tanto agli alunni quanto a insegnanti e genitori. Intervenire individualmente, infatti, non è sufficiente a fermare il fenomeno. Se, infatti, si agisce solo sulla vittima e sui sintomi da essa manifestati, il bullo potrà comunque concentrarsi su qualcun altro, e laddove sia quest’ultimo l’oggetto dell’intervento non viene comunque eliminata la radice del problema.

È, infatti, il clima che si sperimenta all’interno del gruppo a fare la differenza. Sarà utile, quindi, fornire ad insegnanti e genitori informazioni e competenze utili per un rapido riconoscimento del fenomeno, nonché creare all’interno della scuola una rete di protezione che favorisca l’immediata segnalazione delle condizioni di disagio. Anche gli studenti dovranno essere coinvolti nel processo informativo, nonché sperimentare il fenomeno attraverso attività di role play e simulazioni che possano aumentare la consapevolezza delle dinamiche in gioco e creare un clima collaborativo ed empatico, incentrato sulla comunicazione, sullo scambio e sulla condivisione di emozioni e sentimenti. È utile, infine, formare i ragazzi in una serie di competenze prosociali, come il sapere ascoltare e chiedere aiuto.

BIBLIOGRAFIA

Olweus D., Bullismo a scuola, Firenze, Giunti, 1996

Marini F., Mameli C., Il Bullismo nelle scuole, Roma, Carocci Editore, 1999

Dottore Davide Ferlito 

Email: ferlitodavide.ct@gmail.com
Cell. 3277805675

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