Il nostro sistema di pronto intervento, quando il corpo reagisce al pericolo

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Come reagiamo di fronte ad un pericolo di vita? Può il nostro corpo avere il sopravvento sulla nostra mente? Cosa spinge un genitore a fuggire, abbandonando i propri figli, durante un attacco terroristico, un terremoto o qualunque altro evento fortemente traumatico? Cerchiamo di scoprirlo insieme.

La risposta al pericolo

Come tutti gli altri mammiferi, anche l’essere umano è in possesso di un sistema di difesa per fronteggiare eventuali pericoli. Il nostro sistema nervoso, in tal senso, è predisposto ad analizzare costantemente gli stimoli dell’ambiente esterno, valutandone la sicurezza e i rischi a livello sensoriale. Attraverso il gusto e l’olfatto, ad esempio, siamo in grado di percepire se qualche alimento può essere pericoloso per la nostra salute, esprimendo tale condizione attraverso l’emozione del disgusto. Viene, quindi, predisposta una reazione automatica e immediata, con lo scopo di favorire la sopravvivenza. Si tratta di veri e propri meccanismi di adattamento che sono al di fuori della nostra coscienza e, di conseguenza, del nostro controllo attivo, in quanto viene coinvolto il sistema nervoso autonomo. Nel momento in cui quest’ultimo si attiva, non siamo più del tutto coscienti delle nostre reazioni e mettiamo in atto, in maniera inconsapevole e immediata, alcune modalità di risposta.

Il sistema nervoso autonomo

Con tale termine alludiamo a quella parte del sistema nervoso periferico che gestisce le cosiddette funzioni vegetative, ovvero quelle che vanno al di là del nostro controllo, caratterizzando alcuni organi interni, come cuore, stomaco e intestino, e specifici muscoli. É possibile suddividere tale sistema in simpatico, parasimpatico ed enterico. Il primo si occupa di tutte quelle funzioni, utili a mobilitare le risorse energetiche del nostro organismo, mettendo in atto una serie di risposte fisiologiche, come la produzione di adrenalina e noradrenalina, l’accelerazione del battito cardiaco, della pressione sanguigna e della respirazione. In tal modo l’organismo viene preparato ad una pronta risposta. Il secondo, al contrario, ha lo scopo di preservare tali risorse energetiche, portando a reazioni opposte, con la produzione di acetilcolina, calmando il cuore, rilassando i muscoli e riportando il respiro ad un ritmo normale. Il terzo, infine, interviene nelle principali attività dell’apparato digerente.

Le reazioni di pronto intervento

Di fronte ad una condizione di pericolo, quindi, si attiva il sistema nervoso autonomo, simpatico o parasimpatico, fornendo una specifica risposta. Ma quali sono le possibili reazioni che il nostro organismo mette automaticamente in atto?

  • Attacco e fuga (Fight or Flight): Si tratta di una risposta mediata dal sistema nervoso simpatico che porta il soggetto ad attaccare la fonte della minaccia o, al contrario, a fuggire da essa, nella ricerca di un luogo sicuro. Il corpo reagisce accelerando il ritmo cardiaco, per cui il cuore inizia a pompare sangue ai muscoli in modo da favorire il combattimento o una rapida ritirata, attivando, in tal modo, braccia, mani, spalle e gambe e piedi. Altre reazioni tipiche sono il serrarsi della mascella e la dilatazione della pupilla. Vengono, inoltre, momentaneamente disattivate tutte quelle funzioni che non sono utili alla difesa, come quella digestiva e sessuale.
  • Congelamento (Freezing): Laddove le vie di fuga o le possibilità di fronteggiare fisicamente la minaccia siano ridotte al minimo, entra in gioco il sistema parasimpatico. Il nostro corpo, in tal senso, si prepara ad attutire il potenziale danno, attraverso una sorta di congelamento, paralisi, che porta l’organismo a spegnersi in modo da preservare quanto possibile le energie a disposizione, aumentando, inoltre, la soglia del dolore attraverso la produzione di oppioidi endogeni. Per capirci meglio è la tipica reazione di un coniglio che rimane paralizzato di fronte ai fanali di un’auto. In tale condizione di spegnimento anche la coscienza può essere coinvolta e possono presentarsi dinamiche dissociative e depersonalizzanti. É il caso, ad esempio, delle vittime di abuso che possono vivere quel momento, come veri e propri spettatori, dissociandosi, quindi, dal trauma vissuto.
  • Finta morte (faint): Quando il rischio di morire è particolarmente elevato, il congelamento può prendere la forma di una sorta di morte apparente. Il soggetto può, quindi, perdere completamente la propria coscienza, arrivando a svenire. Tale meccanismo, secondo il neurofisiologo statunitense Stephen Porges, sarebbe dovuta all’attivazione del circuito dorso-vagale.

Sanità vs Patologia

I meccanismi fin ora esposti hanno una grande valenza adattiva, rappresentando delle risposte utili per garantire la sopravvivenza del soggetto. L’attacco e la fuga rappresentano, infatti, delle reazioni di pronto intervento che possono preservare la nostra vita. Non stupisce, quindi, come alcuni soggetti di fronte ad una tragedia possano fuggire, abbandonando i propri cari, in quanto si tratta di reazioni automatiche, che non coinvolgono la coscienza. Anche il congelamento e la finta morte sono risposte adattive. É chiaro, infatti, come l’assenza di una via di fuga e il rischio di avere la peggio non rendano funzionale il primo meccanismo. In questo caso, il bloccarsi, rallentando le funzioni fisiologiche, può essere la soluzione più utile. Ridurre la pressione sanguigna, ad esempio, in caso di eventuali ferite, diminuisce il rischio di emorragie. L’essere, inoltre, apparentemente morto può allontanare eventuali predatori, che sono, in tal modo, spinti a mollare la presa, favorendo la successiva fuga, oppure possono trovare di poco gradimento il nutrirsi di una preda già deceduta. Va, tuttavia, sottolineato, come si tratti di una serie di reazioni che non si escludono a vicenda ma possono anche attivarsi in sequenza. Essendo delle risposte immediate e momentanee, inoltre, prevedono il successivo ritorno ad uno stato di equilibrio. Quando ciò non avviene, ovvero nel caso in cui tali meccanismi di adattamento permangono a lungo o si attivino, raggiungendo livelli elevati, di fronte a stimoli poco significativi, possono risultare dannosi. Il permanere, infatti, in uno stato di distress può rendere il nostro corpo vulnerabile, sviluppando disturbi di diversa natura, come quelli psicosomatici, quelli mnemonici e attentivi, e le alterazioni del ritmo sonno/veglia. Tale condizione, infine, è tipica di specifiche psicopatologie, come il Disturbo Post Traumatico da Stress.

 

Bibliografia

  • Cabib S., Allegra Puglisi S., Lo Stress, Bari, Editori Laterza, 1995;
  • Van Der Kolk B., Il corpo accusa il colpo, mente, corpo e cervello nell’elaborazione delle memorie traumatiche, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2015;
  • Porges S., La teoria polivagale. Fondamenti neurofisiologici delle emozioni, dell’attaccamento, della comunicazione e dell’autoregolazione, Giovanni Fioriti Editore, 2016;
  • Taylor M., Psicoterapia del trauma e pratica clinica, Corpo, Neuroscienze e Gestalt, presentazione dell’edizione italiana di Luigi Janiri, Milano, Franco Angeli Editore, 2016;
  • Porges S., La guida alla teoria polivagale, il potere trasformativo della sensazione di sicurezza, Roma, Giovanni Fioriti Editore, 2018.

Dottore Davide Ferlito 

Email: ferlitodavide.ct@gmail.com
Cell. 3277805675

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