A meno di dieci anni dalla morte Catania si ricorda e onora Giambattista “Titta” Scidà (22 gennaio 1930- 20 novembre 2011), che fu presidente del Tribunale dei minori, autorevole esponente dell’antimafia pura e genuina, scevra dall’auto referenzialità e dalle logiche del tornaconto. Parlava secondo scienza e coscienza quel magistrato dai capelli bianchi, l’immancabile doppiopetto scuro, che denunciò il “Caso Catania” nel 2000 e rilascio un’intervista a Casablanca, nel 2008, della quale è interessante rileggere alcuni frasi.
- Quale funzione ha avuto ed ha il mondo dell’informazione nelle vicende che hanno investito Catania dall’assassinio di Giuseppe Fava ad oggi?
“Nel sistema di potere che domina e sfrutta Catania, un posto eminente ha il controllo, totale, dei processi di diffusione della notizia. Tutti nelle stesse mani – mani di grande imprenditore – i media locali sono in grado di oscurare un fatto, di ingigantirne un altro, di determinare, nell’una direzione o nell’altra, i contenuti della coscienza collettiva. Non sono uno specchio della realtà oggettiva, ma la fabbrica di una realtà praticamente più vera (è un paradosso), perché vissuta come tale dalla cittadinanza. Il quotidiano e le emittenti televisive possono cancellare un accadimento, o impedirgli di emergere, o ingombrare la scena con un altro, più o meno inventato. Il monopolio è padrone oltre che della notizia, della comunicazione tra catanesi, che i media rendono impossibile non appena taluno voglia far giungere ai concittadini un appello, una proposta, un invito: se l’invito, la proposta, l’appello spiacciono ai grandi interessi che tengono il campo. I catanesi non possono parlarsi tra loro, a distanza, come ordinariamente avviene in tutte le città attraverso i giornali. Padroni della notizia, lo sono anche dell’immagine degli individui: possono cacciarli di scena assoggettandoli ad una specie di damnatio memoriae, o promuoverli all’esistenza sociale. In una parola, non riferiscono ma creano. Niente esiste che essi non vogliano; e qualunque cosa che vogliono assume per lettori e spettatori l’esistenza che oggettivamente non ha. Il monopolio è invincibile. Catania, fu detto, è un geroglifico maligno, che uccide chi gli si avvicina per leggerlo e offrirne la decifrazione al pubblico. Fava, che provò, ci perse la vita. Uomini di buona volontà che, anni addietro, tentarono di far nascere un foglio alternativo, si videro rifiutare dalle agenzie del ramo ogni attività di distribuzione, e qualche uomo politico richiamare a rafforzare il rifiuto. (…) Ma nulla di ciò potrebbe esser fatto (e neanche sarebbe tentato) senza la connivenza dei media a diffusione nazionale: connivenza che può essere assicurata solo dalle élites partitiche locali, e dalle loro possenti proiezioni in campo nazionale. Esse sono concordi nel volere che i problemi veri di Catania restino fasciati di silenzio: ignoti ai catanesi, ignoti a tutti nel Paese. Possenti proiezioni, ho detto: alcuni anni addietro erano tenuti da catanesi, contemporaneamente, il Ministero degli Interni, la Presidenza della Commissione Giustizia della Camera, la Presidenza della Federazione Editori Giornali, la Presidenza dell’Ordine dei Giornalisti. Bisogna aggiungere che, come sempre, l’Associazione Nazionale Magistrati era presieduta da un magistrato di Catania, della cerchia egemone che detiene tutti i posti-guida della Procura della Repubblica“.
Questo diceva Scidà, che sarà ricordato, oltre che per un giardino a lui dedicato, scuola di legalità, università dell’antimafia, anche con la riqualificata piazzetta del porticciolo di Ognina. Su proposta del consigliere comunale del M5s Graziano Bonaccorsi, componente della commissione Toponomastica, che proprio ieri ha deliberato il provvedimento. Nella sua richiesta, protocollata il 9 dicembre dello scorso anno e ora accettata dall’Amministrazione, Bonaccorsi, infatti, aveva chiesto di intitolare la piazza all’ex Presidente del Tribunale dei Minori, “una delle figure più rappresentative dell’antimafia catanese, il cui nome è indissolubilmente legato al “Caso Catania”, alle denunce degli scandali della mala amministrazione, della commistione tra mafia, imprenditoria, politica, stampa e parte della magistratura catanese e alle sue battaglie in difesa dei diritti dei minori e delle fasce svantaggiate”.
Per il resto, questa prima settimana di febbraio sarà ricordata, nella storia, per la festa senza festa di Sant’Agata. Celebrazioni religiose rigorosamente prive di devoti, al chiuso, trasmesse in diretta televisiva e social. Niente botti, candelore, cera, palloncini, bancarelle. Solo fede e niente folclore. Pochi i trasgressori dell’ordinanze anti Covid.