Fabia Mustica è da tempo un nome noto nei settori creativi di fumetto e illustrazione. Ha lavorato continuativamente su tematiche diverse: dalla storia di Sant’Agata alle novelle di Giovanni Verga, poi la violenza di genere e, adesso, il cyberbullismo raccontato nel suo ultimo fumetto pubblicato all’inizio di Dicembre. La Mustica, vincitrice del premio internazionale “Chimera d’Argento” 2018 ci accompagna attraverso un percorso di ricerca che si muove sul filo sospeso fra l’impegno sociale e la leggerezza che può offrire il linguaggio fumettistico.
Una fumettista laureata in giurisprudenza. Il tuo percorso di studi in legge si è, in qualche modo, intersecato con quello da fumettista?
Direi proprio di sì. La conoscenza giuridica mi ha permesso di affrontare tematiche come il cyberbullismo e la violenza di genere in modo indubbiamente più consapevole. Ma anche il Liceo classico mi ha consentito di creare il fumetto “Agatha, Storia di una Santa” con alle spalle la conoscenza dei costumi e delle usanze del periodo storico romano.
Ho studiato in maniera approfondita anche letteratura: da lì il mio lavoro “Giovanni Verga. Cinque novelle a fumetti”.
Parliamo di fumetto: nonostante la sua crescente popolarità, resta ancora un ambito di nicchia. Quanto importante può essere il suo contributo nella comunicazione di messaggi a scopo sociale?
Quello che stiamo cercando di fare noi fumettisti, mi riferisco in particolare a noi del team di Etna Comics è di fare del fumetto uno strumento di conoscenza e di cultura per un pubblico di lettori più ampio toccando tematiche sociali, religiose o letterarie. Questo è fondamentale in un contesto in cui i ragazzi, stimolati dagli impulsi visivi dei social, leggono sempre meno. Il fumetto, a parer mio è una forma d’arte molto vicina ai giovani perché sa raccontare attraverso le immagini, in maniera sintetica e attuale.
“L’amico diverso. Una storia di cyberbullismo” (San Paolo Edizioni) è il tuo ultimo lavoro, fresco d’uscita. C’è stato qualche episodio in particolare che ti ha spinta a trattare, fra tanti argomenti critici della sfera giovanile, questa tematica?
Tutti sappiamo che il bullismo ha come terreno prediletto la scuola. Pertanto, molti di noi in forma più o meno grave ci siamo passati. Ciò che mi ha spinta alla realizzazione di questo fumetto è il fatto che il bullismo si sia trasformato in cyberbullismo attraverso internet. Così il bullo 3.0 ha ora a disposizione un mezzo pericoloso, anche micidiale. Lo confermano gli episodi di cronaca che ci parlano dei suidici in fase adolescenziale, dove ancora non si è maturi abbastanza da sopportare l’umiliazione. Il mio scopo è di invogliare, attraverso “L’amico diverso”, i ragazzi a utilizzare la rete e i social in modo coscienzioso, non finalizzato alla distruzione con conseguenze spesso irreversibili per tutti.

È arrivato il momento di presentare “L’amico diverso” nelle scuole. Come prepari i ragazzi all’analisi di questo lavoro?
Da fumettista, dico che il mio compito non è quello di preparare i ragazzi ma, attraverso il mio lavoro, gli studenti possono trovare degli spunti da discutere insieme agli insegnanti. Con un linguaggio leggero, alla loro portata.
Qual è la fetta di lettori più recettiva verso i tuoi lavori?
Quando si parla di fumetto non ci sono limiti di età o estrazione sociale. Il fumetto è un mezzo altamente inclusivo. A determinare qualche limite, semmai, possono essere le tematiche trattate. Alcuni temi più delicati sono generalmente recepiti da un pubblico meno giovane.
Farouq, il protagonista del fumetto, viene bullizzato e ripreso in video condivisi in rete. Nessuno spoiler ma una curiosità: il ragazzo riuscirà a trovare la via per raggiungere la pace, fra ingiurie e ingiustizie?
Farouk riuscirà a trovare la sua strada, ma questa strada la percorrerà insieme al bullo, Salvo, in un percorso di vera e propria redenzione. Ed è proprio nella parte finale che si scorge il messaggio principale del fumetto: quello del rispetto e della tolleranza.
