CATANIA – Personaggio complesso e controverso, amatissimo dal popolo e osteggiato dagli avversari politici, Giuseppe De Felice, socialista, poi democratico, infine socialdemocratico, fu uno dei protagonisti di una classe dirigente d’eccellenza che si affermava in campo nazionale con personalità di primo piano e determinò il primo, vero boom economico, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, che porto la città dell’elefante ad essere veramente la “Milano del sud”, denominazione poi ripresa circa mezzo secolo dopo e diventata di uso comune, spesso a sproposito.
La figura di De Felice, il sindaco più amato di sempre dai catanesi, un autentico gigante rispetto ai molti pigmei della recente storia cittadina, è stata ricordata nei giorni scorsi nella sede più naturale: l’Istituto a lui dedicato, in piazza Roma, che ha celebrato nel 2020 i suoi primi cento anni di attività di istruzione e formazioni, prima di ragionieri e periti commerciali, poi di programmatori, infine di diverse figure professionali e tecniche al passo con i tempi. L’occasione è stata la conferenza organizzata dalla sede catanese di SiciliAntica per sfogliare, a distanza di anni, il volume “Il Vicerè socialista Giuseppe De Felice Giuffrida Sindaco di Catania”, pubblicato nel 2014 da Giuseppe Astuto, docente di Storia delle istituzioni politiche presso l’Università di Catania, docente formatosi sulla scia dell’indimenticabile preside Giuseppe Giarrizzo.
La preside del “De Felice, Anna De Francesco, dinamica e appassionata nella sua azione di riscoperta delle radici storiche e di proiezione verso il futuro dell’istituto che dirige, ha presentato e ringraziato i relatori: l’avv. Paolo Marescalco, Presidente di Siciliantica; il prof. Dario Stazzone, presidente della società Dante Alighieri di Catania; il già citato prof. Astuto che ricorda nell’introduzione del suo libro della socialista Anna Kuliscioff: “De Felice è il vero Viceré; I baroni e i principi lo ossequiano, I facchini del porto lo abbracciano, gli operai delle zolfare si rivolgono a lui come al redentore, le ragazze allegre lo festeggiano al suo passaggio”. “Padre grande” del popolo catanese per la grande attenzione verso gli ultimi. Nato da una famiglia umile, studiò, si laureò in giurisprudenza, salì tutti i gradini della scala sociale e politica, fu tra i promotori e organizzatori dei Fasci dei Lavoratori siciliani. Conobbe la vita del carcere, due anni invece dei 18 previsti, grazie ad una provvidenziale amnistia, è passato alla storia non per la sua attività squisitamente politica, duramente condannata dal corregionale Francesco Crispi, ma per l’impulso che diede alla città con una innovativa, concreta e proiettata alfuturo attività amministrativa. Nel 1907 fece realizzare a Catania, come nelle più grandi città europee, la mostra internazionale dell’agricoltura nell’allora piazza d’Armi, poi ribattezzata piazza Esposizione e, infine, dedicata a Giovanni Verga. oggi Piazza Giovanni Verga. Realizzò anche i forni comunali per vendere pane a prezzo calmierato per sfamare la povera gente. Ma sono solo due esempi della sua capacità di gestire una città che divenne “europea” molto prima e molto più di quella attuale.
La conferenza, seguita da un folto e attento pubblico, è stata seguita da una visita guidata al bell’edificio storico, opera di Francesco Fichera, grande architetto del liberty e déco, artefice insieme a Filadelfo Basile e Carlo Sada dell’architettura più elegante della città.