
Antonio Barbagallo, noto come “Anc” nell’ambiente di lavoro, non ama mostrare il suo volto, come comune fra molti street artist di tutto il mondo. Eppure chi vive a Catania lo conosce bene, pur senza averlo visto, giacché sulle mura di molte strutture centrali ma anche periferiche sono presenti i suoi murales grandi, realizzati con cura, che ci invitano sì a guardare, perché belli e brillanti nella timbrica, ma anche a riflettere e a ricordare per cercare di “restare sempre umani”.
Antonio “Anc” Barbagallo: com’è nato il tuo nickname, usanza tipica di chi fa street art?
Nasce come tag con cui firmare le opere in strada in un periodo in cui si praticava il graffitismo ancor prima della street art. Ma il perché di “Anc” non posso dirlo.
Quando inizia questo percorso? Qualcuno ti ha indirizzato?
Come accennavo prima, tutto ha inizio con i graffiti writing. Avevo diciott’anni e a Catania c’era un fermento legato a questo movimento. Così sono entrato in contatto con le crew consolidate nel territorio, con cui ho avuto la possibilità di crescere. All’epoca c’era una chiusura totale nei confronti di chi maneggiava gli spray.
Parli di crew: quindi in questo mondo esiste ancora qualche forma di collaborazione?
La competizione prima era fra le varie crew, a chi faceva opere sempre più grandi e importanti. Era normale comunque condividere le murate con amici considerati fratelli. Adesso si lavora più spesso da soli o, al massimo, a quattro mani.
Quale, secondo te, l’approccio alla street art da parte di associazioni, aziende, amministrazioni politiche?
Nel corso degli anni è mutata la possibilità di interagire con associazioni, aziende e amministrazioni comunali: c’è sicuramente maggiore apertura. Le aziende utilizzano sempre più le opere come strumenti di marketing, mentre le amministrazioni comunali utilizzano la street art per rigenerare il territorio, ma la cosa buffa è che spesso la committenza politica pensi che l’opera possa sostituire l’ordinario: pavimentazione, segnaletica, cura del verde…
Che piazza di lavoro è Catania? E i cosiddetti borghi, su cui si sta riversando un’attenzione sempre maggiore?
Catania ha esigenze diverse rispetto ai borghi. Magari il borgo ha maggior bisogno di affluenza e ripopolamento. Una città come Catania invece ha molti spazi e periferie completamente inosservate o contesti vicini ma completamente scollegati fra loro.
Le opere più significative che hai fatto?
Circa dieci anni fa ho realizzato per Addiopizzo Catania il murales dedicato alle vittime di mafia con ritratti Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e la loro scorta. Quest’opera è in fase di ripristino e fra pochi giorni sarà ultimata. Successivamente ho dipinto quello sulle altre vittime di mafia sulle mura posteriori della casa circondariale di piazza Lanza (raffigurante Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter E. Cosina, Claudio Traina ed Emanuela Loi, poi Alfredo Agosta, Beppe Montana, Giuseppe Fava, Libero Grassi, Luigi Bodenza, Giovanni Lizzio e Serafino Famà, ndr).

So anche del tuo coinvolgimento per la riqualificazione del quartiere Nesima..
In un periodo più recente l’azienda di pasticceria siciliana Tomarchio ha sostenuto il progetto Nesimart dell’associazione Policromia, di cui faccio parte, per la riqualificazione di una porzione di Nesima, con la collaborazione di Ferrovia Circumetnea e IACP ( Istituto Autonomo Case Popolari) attraverso cui si avrà la possibilità di valorizzare una piccola porzione di territorio che accomuna tantissime abitazioni. Qui l’associazione Plastic Free ha anche piantato alcuni piccoli alberi. Sarebbe bello se questa porzione di territorio possa iniziare un percorso simile a quello intrapreso dallo Sperone di Palermo.

Un problema che attanaglia Catania è l’eredità della speculazione edilizia che ogni giorno si palesa con la bruttura di palazzoni grigi e scollegati al contesto di abitazioni storiche pregevoli.. laddove non si abbatte, interviene l’arte..
Il mio “PAC Progetto Atena Catania” si muove proprio stimolato da questa problematica: il mito greco si collega allo stile barocco e a quello liberty, contestualizzandosi nell’ epoca contemporanea per valorizzare alcuni angoli della città, abbattendo la distanza fra edifici storici signorili e palazzi nati dalla speculazione edilizia. Ciò può modificare notevolmente la percezione degli spazi, perché la parete cieca che crea l’interruzione viene modellata da stile e colori. Altri interventi inerenti al progetto inizieranno a luglio e proseguiranno per tutto il 2023.

Dove troviamo alcuni di questi interventi racchiusi nel progetto?
In via Filzi dove, grazie al sostegno di Enel, ciò che ho realizzato comunica per tematica e soggetto con un intervento precedente realizzato per libreria Cavallotto in piazza Grenoble.
Il murales sulle vittime di mafia che stai ridipingendo, cambierà molto rispetto all’originale?
Poco, in verità: migliore qualità dell’opera, volti di maggiori dimensioni, modifica del font di testo e disposizione diversa del logo dell’associazione.
